Ford Cortina

Ciao aprile, grazie, sei stato molto difficile ma fondamentale.

Ricorderò albe di lacrime, di vomito, di pressione alta. Notti insonni, canzoni tristi, foto strappate.

Ricorderò anche le gite, i pranzi, le cene, le grigliate, le visite mediche, gli squat, gli incontri imbarazzanti, gli abbracci, le mani sulla pelle, il vino, i concerti, le telefonate, il pesce crudo, gli arrosticini.

Ricorderò la mattina peggiore, dopo una notte in bianco, sul divano a dirmi a voce alta: dai che ce la fai.

E infatti ce l’ho fatta.

Cardio

Mi sento ancora il tuo sguardo addosso.

Ma io devo starti lontana, madonna se devo starti lontana…

Cieli neri

Uscire con te a passeggiare, a bere, a ridere, fermarmi da te… è un sogno, più di un sogno. È tutto perfetto.

Per la mia testa.

Poi torno a casa e dovrei toccare il cielo con un dito mi dico, no? Provare una felicità totalizzante, sorridere come una scema davanti allo specchio mentre mi lavo i denti… ma non mi succede. Ho qualcosa dentro il cuore che me lo impedisce, mi frena, ho qualcosa che non va.

Come te lo spiego? Che voglio e devo risolvermi da sola?
Che davvero non sei tu, sono io. Sono solo io.

Sembra quasi un lento che non finisce mai, che non finisce mai

Per la prima, primissima, volta nella mia vita mi sento dalla parte giusta della storia, al mio posto, che non è di certo il più comodo.

Quello che ho ricevuto oggi pomeriggio, incredibilmente, inaspettatamente, tutto di fila, mi ha spaccato il cuore. Una bella parola all’improvviso, un’imbarazzata mano sulla spalla che valeva più di mille parole, un caffè, un dolce messaggio, addirittura dei fiori, un impensabile abbraccio nel parcheggio.

Ho sempre pensato di dovermi difendere dalle persone e invece la forza è collettiva.

Uno uno zero quattro

È il primo undici aprile, da tredici anni, che non sento solo freddo e solitudine.

Già stamattina, sotto la doccia, ho provato una specie di sollievo (andrò all’inferno?).
Poi il tuo messaggio.
L’avrò riletto trecento volte piangendo nel bagno dell’ufficio.

Quando ti ho parlato di questo giorno, elencando tutti i miei fallimenti, l’ho fatto per spiegarti il mio perenne autosabotaggio, ma non credevo di averti detto la data, sicuramente non pensavo te ne saresti ricordato.

Mi hai disarmata.

Eppure… non ti ho risposto.

Que no hay momento que pase sin dejarte de pensar

E ora? Ora non posso più scappare.
È arrivato aprile e con lui tutte le cose che ho programmato e che non posso – e in realtà non voglio – disdire.
Ho girato il calendario e mi veniva da vomitare.
Mi è salita una paura che mi fa piangere ma mi fa anche sentire viva, voglio ricordarmi da dove parto per onorare dove arriverò, perché ci arriverò, eccome.

Esse

Dai boh io non so più cosa dire.
MPDQCS? Ti odio 🙂 per essere quello che non volevo, non adesso, davvero.

Tris

(Quanto riderai…)
Non è vero quello che ti ho detto.
Io il disegno lo vedo, eccome, le coincidenze le noto anche se dico ma no dai è solo un caso, l’ennesimo.

Se metto in fila tutto… ho davvero paura.
Le cose che racconti, le città che nomini, le persone che saluti per strada, le canzoni che suoni, il resto.
Il tempo con te è un tempo fuori dal tempo, fuori dallo spazio, che sembra appartenere a un altro universo o a un’altra persona.

Però io le cose le so fare solo sul serio, e ora non riesco.
E non riesco nemmeno a dirtelo.
Che ho il cuore pesante, la testa pesante, che non ho ancora toccato il fondo della mia sofferenza e finché non succede non posso risalire.

Anche se so che non mi aspetterai.

Walkman

C’ho un disco in testa che suona sempre in loop senza sosta e mi dilania il cervello. Giorno e notte.
Sono tutti i ricordi, i sogni, quello che poteva essere, quello che non sarà più, le malinconie.

È un suono che mi annienta le forze, mi schianta le energie. Assorbe ogni pensiero.
Cerco di concentrarmi su altro, cerco di non seguirlo, in rari momenti mi convinco di non sentirlo più ma poi… basta una nota e torna prepotente a tutto volume.

E non si spegne.

Non sei tu

Certe notti ti sento, è un rumore dolce che assomiglia al mare al tramonto di settembre nella spiaggia che sappiamo noi.
È un rumore che conosco, che mi culla, mi calma, mi scalda, mi rassicura, mi fa sentire a casa.
Sei tu.

Poi apro gli occhi e la realtà mi colpisce dritta in faccia come una ventata di aria gelata.
Penso a dove sei, a cosa fai, penso a te con lei, alla tua risata, ai tuoi occhi. E quello che vedo non sei tu, non puoi essere tu… non saresti tu.